Non esistono cose poetiche ma la poesia nelle cose che, se ascoltate, ci raccontano storie ed emozioni, perché sono simboli che alludono ad altro.
Percorrendo la tangenziale della mia città in questi giorni, ad esempio, ho notato la fioritura trionfale del Tasso Barbasso, di per sé evocativa, con il giallo vivace dei suoi fiori.
Dimenticavo: il Tasso Barbasso (Verbascum Thapsum) non è un albero, come immaginavo nella mia ignoranza al liceo leggendo il capitolo XXXIII dei Promessi, ma una pianta erbacea spontanea, biennale.
Arriva a svettare fino ai due metri ed anche per questo è chiamato Verga di Aronne e in Germania Candela del re.
Ha diversi utilizzi: come torcia dagli antichi Romani, in erboristeria e da qualche anziano, ma siamo sul filo di memorie epiche, in tempo di guerra, come surrogato del tabacco.
Il Tasso Barbasso, che si contenta dei ritagli di campi e terreni abbandonati e vive limite dell’anonimato, è tuttavia la porta per entrare in mondi che, difficilmente, avremmo immaginato.
Chi tra i lettori è di buona memoria ricorderà il Tasso Barbasso tra le essenze citate dal Manzoni, nel descrivere la vigna di Renzo abbandonata, metafora dell’umanità devastata dalla peste.
Manzoni, prima di Pascoli, fu lo scrittore che amava chiamare le piante per nome, anche perché perito agrario prestato alla letteratura.
Nella sua tenuta di Brusuglio (consiglio a tal riguardo la bella lettura di “Alessandro Manzoni fattore di Brusuglio” di Maurizio e Letizia Corgnati) era uno sperimentare continuo e all’amico Fauriel scriveva anche per chiedere di sementi e piante.
Ma perché inserire il Tasso Barbasso nella vigna di Renzo? Beh perché è un’erbacea diffusa direte voi e perché don Lisander, così era chiamato familiarmente il nostro autore, si compiaceva della sua cultura agraria. Anche.
Il nostro vegetale è però un simbolo che risale all’Antichità classica, amuleto donato da Mercurio ad Ulisse, giunto a noi tramite gli erbari medievali con il significato di rinascita.
Non a caso, pensiamo ai quadri del solo Caravaggio, questa essenza tornava spesso come allusione alla futura morte e resurrezione di Cristo.
Un artista non ha mai inserito elementi a caso, nel passato come oggi: un’opera è come una partita a scacchi, in cui non c’è elemento mosso che non abbia un significato per l’autore.
Nella vigna di Renzo devastata da incuria e abbandono, così simile a queste nostre livide e feroci giornate, il fatto che sia spuntato il Tasso Barbasso è il segno che comunque tutto potrà rinascere, tutto, permettetemi la parafrasi con il mantra del Covid, potrà andare, di nuovo, bene.
Vittorio Nichilo
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