La stagione delle visite all’orto didattico e delle attività con i bambini si sta per chiudere. Inizia l’estate dai tempi dilatati, tempi per me di letture e di progetti.
L’orto ritorna cornice di esperienze solitarie, che tuttavia so condivise da chi ha la fortuna di avere accanto a casa una piccola porzione di natura domestica.
Nell’aria fluida e profumata sciamano lucciole. Alcune, più luminose, sembrano rimaste prigioniere del prato, tra i fili bassi dell’erba. Sono le femmine, che con i loro lampioncini chiamano all’accoppiamento.
Il cespuglio delle rose bianche – non ricordo più il loro nome – mi viene incontro con le sue grandi macchie candide.
Manca una settimana alla luna piena, eppure l’orto è immerso in una luce lattiginosa che bagna ogni cosa e proietta ombre appena percettibili.
Mi muovo con straordinaria disinvoltura tra file di fagiolini nani e insalate…qui riconosco le sagome delle giovani piante dei pomodori, là quelle dei peperoni. Più oltre, in un cono di oscurità, so che ci sono le violette tricolori, ma ne intuisco appena la massa.
Raccolgo le fragole a tentoni, quelle più scure dovrebbero essere le più mature.
Come se fosse giorno, ogni centimetro dell’orto mi è familiare. Linee e profili cui io stessa ho dato vita e che nel buio rafforzano il senso di intimità che provo per questo luogo, generandomi emozione profonda.
Tutto è come l’ho lasciato nel pomeriggio, ma la notte nasconde la vita più segreta delle piante, il loro respiro, la forza della linfa invisibile, gli impercettibili fremiti della crescita.
Sono un’ospite, un niente, e mi muovo con più cautela, quasi temendo di fare rumore. Anche i grilli cantano indifferenti. Ecco: forse solo un animale notturno, disturbato, si è accorto della mia presenza e attende di riprendere la caccia.
Davanti al mite, vecchio ciliegio, allungo le mani verso i frutti radi, che indovino piegando i rami più bassi contro il cielo.
25 maggio 2007 Luisa, dall’Orto del Tasso Barbasso di Buja (Udine)