Letture

L’ORTO A SCUOLA, QUALE PEDAGOGIA?

Ecco il libro per maestri e ragazzi che capiscono la bellezza e l’importanza dell’orto a scuola: La pedagogia della lumaca (EMI, 2008).  L’ha scritto, e gioiosamente disegnato, Gianfranco Zavalloni.

Non so da dove cominciare, perché questo libro mi ha troppo entusiasmata, così mi verrebbe da dire: prendetelo e leggetelo, questo libro che dimostra come non si possa far scuola “senza avere delle idee, senza pensare di rendere più bella e felice la vita degli uomini e delle donne… non si può lavorare nella scuola se si è pessimisti.” Gianfranco Zavalloni riesce a trasmettere la passione per l’insegnamento, anche raccontando di figure di educatori straordinari come Don Lorenzo Milani, Mario Lodi,  Maria Maltoni, Alberto Manzi, Federico Moroni. Nelle sue pagine fa rivivere un mondo più libero, leggero, soffuso di poesia, dove le gite scolastiche si fanno non affidandosi alla Borsa del Turismo Scolastico, ma in bicicletta oppure a piedi, e dove anziché zaini gonfi di libri e altre carte, bastano due quaderni. Concepisce la scuola come luogo non per bocciare i ragazzi, ma farli sbocciare. Conoscerli, ascoltarli, pazienza se il feticcio del programma scolastico ne risentirà un poco! Riporta a questo proposito le parole di un ragazzo di Barbiana a Mario Lodi: “anche amare il sapere può essere egoismo. Il priore [Don Milani, NdR] ci propone un ideale più alto: cercare il sapere solo per usarlo al servizio del prossimo, per esempio dedicarci da grandi all’insegnamento, alla politica, al sindacato, all’apostolato o simili”.
Ha parole appassionate contro l’accanimento didattico, l’assegnazione dei compiti per le vacanze,  l’ossessione di sbrigarsi e non perdere tempo, il mito dell’intelligenza logico-matematica, la più facile da misurare e controllare, ma non certo l’unica!
Le esperienze più belle e più vive sono impossibili a meno di “perdere tempo”.
Occorre imparare di nuovo l’arte di scrivere a mano: nel nome dell’autosufficienza (davvero vogliamo ridurci analfabeti il primo giorno che mancherà la luce?) e della bellezza della manualità, questa dimensione fondamentale tutta da recuperare.
Tanti i modi di perdere tempo:
Perdere tempo a parlare

 

Ritornare alla cannetta e al pennino

 

Passeggiare camminare muoversi a piedi

 

Disegnare anziché fotocopiare

 

Guardare le nuvole in cielo e guardare fuori dalla finestra

 

Scrivere lettere e cartoline vere, usandole come mezzo artistico

 

Imparare a fischiare a scuola

 

Fare un orto a scuola.

 

L’orto a scuola è la grande passione di Gianfranco Zavalloni, figlio di due meravigliosi agricoltori, Giorgio e Verdiana. All’orto a scuola è dedicato un capitolo, come anche al teatro dei burattini, e alle mille piccole cose necessarie a rendere un ragazzo sicuro di se stesso e del proprio corpo.

 

“Scopro ogni giorno di più quanto siano incapaci di usare le mani questi ragazzi. Gli stessi che usano con abilità i tasti del telefonino, del mouse o della Playstation, non sanno poi avviare una trottola, sono handicappati nel tiro di biglie e nel gioco dei tappini, non sono capaci di lanciare un sasso con una fionda o una freccia con un arco. Ragazzi che non hanno mai usato un coltellino per costruirsi un giocattolo di legno o che non hanno mai esplorato con la loro bicicletta il quartiere della città. Ragazzi che non conoscono i più elementari strumenti di lavoro: il martello, la pinza, la sega, la raspa. Hanno perso esperienze fondamentali per la loro formazione umana che difficilmente recupereranno nel corso della vita anche se diventassero grandi fruitori di corsi di bricolage.”

 

Predilette restano le scuole dei piccoli paesi, anche di montagna, dove talvolta sopravvivono le pluriclassi, che non sono poi così male, anzi. Anche perché la scuola non è soltanto quanto avviene nelle sue quattro mura, c’è anche tutto quello che trasmette il paesaggio! Come, per esempio, a Rontagnano,  così raccontata dai due maestri Fabio e Lorella. “La poesia qui è già nel territorio stesso, nell’ambiente circostante. Questo è uno degli ambienti più poetici della Romagna. Qui si vede il colle di Perticara, di San Leo, di San Martino, i monti della Carpegna, i calanchi, Montetiffi con la sua Abbazia dell’anno mille. I calanchi sono gialli d’estate, marron grigio in autunno, bianchi in inverno, verdi in primavera. È una poesia in lingua romagnola, la lingua che  molti bambini per fortuna parlano ancora a casa. Viene offerto ai bambini uno stimolo e loro si esprimono su temi a loro cari: le ginestre, gli uccelli, i calanchi, la neve… La scuola qui è vissuta anche come riscatto sociale. La scuola di Barbiana e don Milani sono solo apparentemente lontani nel tempo e nello spazio, ma ancora tremendamente attuali. Questi bambini portano dentro il lavoro difficile dei loro genitori e dei loro nonni. C’era chi andava a zappare a mano, iniziando alle prime luce dell’alba per terminare a notte già avanzata. Questa, poi, era una zona di miniere di zolfo… e il lavoro dei minatori, insieme a quello dei campi, è ed è stato sicuramente uno dei più duri. Oggi la scuola è istruzione ma anche esperienza educativa in senso ampio. La scuola è anche il luogo d’incontro delle famiglia, di gioco pomeridiano dei bambini.”

 

Per salvare, diffondere, conoscere la bellezza di questo modo di fare scuola, La pedagogia della lumaca propone “La riforma Zavalloni”, per aggiungere però che non è davvero questione di riforme, bensì di volontà didattica!

 

In appendice, il “Decalogo per una buona scuola”, e il “Manifesto dei diritti naturali di bimbi e bimbe”.

 

 

Pia Pera

 

 

Gianfranco Zavalloni

La pedagogia della lumaca
Per una scuola lenta e nonviolenta

Emi (Editrice Missionaria Italiana), 2008, pp. 153. E.12,00

Qui su www.ortidipace.org si può leggere l’intervista a Gianfranco Zavalloni nella sezione Amici degli orti di pace, e numerosi suoi testi soprattutto nella sezione Letture