Piante

IL GRANO DEL CILENTO

Il grano del Cilento ha molteplici nomi: janculidda, carusedda, risciola, saragolla e ve ne sono almeno altre decine. Il grano del Ciilento ha i suoi contadini.
Il grano del Cilento ha la sua terra e la sua acqua. Il grano del Cilento ha la sua festa. Ci sono andato, inviato da Civiltà Contadina. E ci sono andato anche per gli amici della Rete bioregionale di cui mi onoro di essere il referente per la biodiversità rurale.
E’ stata la cosa più bella, la più naturale, la più giusta da compiere per un’associazione che dei semi antichi fa la sua missione, il suo obiettivo principe sin dalla fondazione.
Ci sono andato alzandomi presto, alle sei, un giovedi 18 luglio. Ci sono andato prendendo treni regionali, treni veloci, treni regionali e alla fine, Antonio Pellegrino, tra gli organizzatori della festa, mi ha preso in macchina.
Civiltà Contadina mi ha inviato alla festa del grano. Io vi narro del Palio del grano di Caselle in Pittari.
Vi narro e certamente lascerò qualcosa di importante da dire: troppo dentro, troppo a fondo mi hanno scavato questi pochi giorni nel Cilento.
Sono stato accolto da un amico, Angelo Avagliano, che del grano antico si è fatto padre e custode, egli è la vera anima di questa festa.
Una persona che conoscevo sin dai primi anni ottanta. In un bar di Porta Rotese, cuore storico di una bella Salerno, durante gli anni scapestrati della mia università, Angelo covava già, anticipando e battendo parecchi sui tempi, questa voglia di tornare alla terra.
Angelo ce l’ha fatta ed ora, con Donatella, le sue figlie, Mariantonia ed Annarita, i suoi ciucci, gli asini, le galline, i conigli e tutta la popolazione animale  e vegetale, ha ridato anima ad una valle, la Val di Pruno, dove l’emigrazione e lo spopolamento hanno fatto davvero il deserto.
Leggo, e mi fa pure piacere, che il solo comparto in aumento nella nostra Italia dissestata dalla crisi, è quello della gioventù che torna all’agricoltura, sono dati ufficiali, dati di questi giorni.
Leggo, e mi fa ugualmente piacere, che “far l’orto” è diventato trendy, è diventato quasi una moda.
E mi va bene, significa che le mani nella terra non sono più solamente appannaggio dei terroni, dei cafoni, dei bifolchi e degli infiniti nomignoli insultanti che i cittadini hanno, da sempre, appioppato alla gente di campagna.
Angelo, ci è arrivato prima. Angelo, è arrivato prima, da almeno trenta anni , egli è arrivato a capire.
Ha capito ed ha costruito una casa per sè e la sua famiglia, ha costruito una comunità viva, libera ed autonoma nella Val di pruno, comune di Laurino ma più vicino a Rofrano, nel Cilento interno, quello non raggiunto da certo turismo pseudointelletuale, un Cilento dove terra e acqua hanno un nome ed un significato profondo.
Angelo ha capito e si è saputo regolare. Angelo ha scelto di mettere il grano, anzi, i grani antichi al centro della sua vita.
Non da solo, anzi, ha scelto la sua compagna, ha innalzato su solida roccia la sua casa, ha scelto una valle ricca d’acque, di boschi, di vita.
Ha stabilito relazioni, ha appreso un dialetto, anzi, una lingua ed ha scritto, intessuto rapporti e relazioni.
Angelo, ora, è il maestro riconosciuto di una nuova generazione di contadini cilentani.
Al palio del grano di Caselle in Pittari, Angelo parla e l’ascolto è dovuto: con la sua pratica di vita ha stabilito priorità e obiettivi, Angelo ha fatto della propria vita una retta linea d’azione e poesia.
Si, sono stato ospite di Angelo, ciò che dico è certamente influenzato, arricchito da questo, semplice, elementare dato di fatto.
Da ospite del custode dei grani antichi del Cilento, ho visto, assaggiato, parlato, ascoltato, ho anche rotto le scatole, non sono una granitica mente, il contrario, sono pieno di dubbi.
Sono stato ascoltato, ho chiesto, mi è stata narrata la storia di Valle del Pruno. Mi sono stati donati dei libri. Ho potuto vedere all’opera alcuni woofer, persone giunte da altre parti d’Italia per dare una mano a Tempa del Fico, così si chiama la masseria di Angelo e Donatella.
Perchè, con affetto e anche con orgoglio, lo affermo, qui hanno saputo coniugare antichità e modernità.
L’antichità della tradizione dell’ospitalità, la modernità dell’uso della rete per comunicare, informare, stare connessi col mondo.
E così a Tempa del fico si sentono voci di ogni parte d’Italia, si sono sentite le voci di un agronomo colombiano, Jairo Restrepo, giunto fin qui per insegnare l’arte di preparare naturalmente ammendanti, fertilizzanti assolutamente organici capaci di rinvigorire, fortificare le nostre piante.
A Tempa del fico c’è spazio e ci sono orecchie per imparare e si avrebbe, data la pratica di vita, il diritto di insegnare e tanto.
Invece, come è giusto che sia, qui si organizzano corsi, Angelo, contadino per scelta, ascolta ed impara, prende appunti, domanda, c’era Susanna Dibenedetto, assistente di Jairo e ci insegnava come usare, dosare, i preparati per rafforzare il nostro suolo, come renderlo più umifico, renderlo vitale.
Potrei a ragione rendere edotto il mondo che mi ha inviato a Caselle in Pittari, anche soltanto informando di quanto appreso nella Val di Pruno.
Potrei descrivervi la solenne luna che si innalzava nel cielo e farvi sentire lo scampanio della vacche al pascolo, potrei farvi sentire il frinire di mille cicale, il gorgoglio del torrente. Sarebbe giusto e sarebbe sufficiente. potrei farvi ascoltare il canto dei galli, il raglio degli asini di Angelo, assolutamente liberi.
Le stelle, la luna, il cerchio delle montagne, siamo sulle spalle del monte Cervati, il più alto del Cilento, questo pezzo di Campania che nulla ha a che spartire con certa letteratura deteriore che dipinge questa regione come terra di malaffare e spazzatura. Qui si respira un’altra aria, qui si respira pulito, dentro
e fuori dai polmoni. Invece vi debbo parlare anche del Palio del grano, esistono siti, c’è il gruppo su Facebook, c’è il blog, in questi giorni stanno postando, caricando una quantità di materiali, fotografie, video, interviste, una anche al sottoscritto, una messe che consiglio di andare a guardare.
Il Palio del grano è una idea partorita dai ragazzi come Antonio Pellegrino, Michele Sica, ragazzi che hanno deciso di restare nel Cilento, casa loro.
Hanno deciso di restare e di portare il resto del mondo nel Cilento che sognano e che hanno deciso di cambiare.
Potrei mostrarvi la loro faccia, stanca ma fiera, alla fine del Palio. Questa gara che si sono inventai, questo raccolto a mano di diciassette varietà antiche di grani cilentani.
Faccio parte di Civiltà contadina da oltre dieci anni, ne sono stato anche presidente: ebbene, dove, mi chiedo, dove, in quale parte d’Italia esiste una gara simile?
dove una comunità intera, risvegliata da giovani, ha saputo mettere insieme un evento simile? Dove? Una domanda alla quale non c’è risposta.
Il Palio del grano di Caselle in Pittari è unico. E non c’è solamente questo, vi devo narrare del Camp di grano: tantissimi giovani provenienti da varie parti d’Italia, c’erano piemontesi e veneti, c’erano pugliesi e laziali, ve n’erano dal sud e dal nord, pervenuti a Caselle per ascoltare, imparare, discutere, imparare, mangiare assieme, ballare, esercitarsi in mille laboratori, far vista agli angoli più belli del Cilento.
Discussioni che sono proseguite per ore ed ore, tra mille dubbi, mille racconti di tante esperienze diverse.
I ragazzi del Palio, che poi sono i ragazzi del Camp di grano, hanno spalancato le loro menti ed i loro cuori sul mondo, hanno coinvolto scrittori e docenti di fama mondiale, ogni anno ascoltano, invitati, rappresentanti di un mondo che ha messo la priorità terra tra le proprie più importanti.
Così ascoltiamo tutti e la discussione è lunga, tante domande, polemiche, risposte possibili.
Ed il riconoscimento, indubbio, la certezza che sono i contadini come Angelo Avagliano, coloro che hanno da dire la loro.
Per essere stati quelli che sono ritornati alla terra , quelli che hanno ricominciato a cantare la canzone del seme antico come veicolo di indipendenza prima che si parlasse di “sovranità alimentare”, molto prima, Angelo aveva capito che solamente dei grani locali, autoctoni, potevano permettergli di ricollegarsi col territorio e così li ha ricercati e seminati. Ora ne ottiene farine che sono ideali per il pane, per i biscotti, per la pasta. ho assaggiato il pane di angelo, mangiato le sue morzellette, biscotti dolci preparati da Donatella, assolutamente squisiti. Non c’è nulla di commerciale, anche biologico o biodinamico che possa competere.
questo suo pane, questi suoi biscotti sono un’altra cosa, hanno un’altra digeribilità, sono un’altra idea di cibo.
Gino Veronelli avrebbe , molto meglio di me, saputo trovare parole. Veronelli, vero padre dell’enogastronomia italiana, avrebbe messo le morzellette di Angelo tra i must della cucina italiana. non sono Veronelli ma l’ho conosciuto, non posso sbagliarmi, è proprio così.
Qui nel Cilento si sta tracciando una strada percorribile da tante altre aree “marginali” d’Italia, qui, Massimo Angelini, fondatore ed anima del Consorzio della patata quarantina di Genova, tra i più lucidi interpreti e cantori della biodiversità italiana, avrebbe tanto da dire, da rassicurare, da ascoltare.
Qui i ragazzi veneti di Coltivar Condividendo potrebbero trovare orecchie attente, qui, noi, di Civiltà contadina, potremmo avere un punto di riferimento importante.
Qui la bioregione esiste e non sono solamente sogni e poesie, vitali anche questi, qui, c’è un mondo, piccolo, nella macrosfera ma grande nella micro, che parla, agisce, elabora con competenza, tenacia, ostinazione, i suoi modelli comportamentali.
qui si coniuga il federalismo più vero, qui si parla dialetto cilentano stretto e inglese, qui si coniuga la falce col tablet, internet col sudore. qui ci si sveglia alle cinque di mattina per preparare il Palio, qui i giovani coinvolti non giocano, fanno sul serio.
C’è da narrare ancora molto, c’è da raccontare ancora tantissimo. Lascio a voi la possibilità di recarvi direttamente a Caselle in Pittari, l’anno venturo, sempre a cavallo del luglio rovente, mese di mietitura, andate nel Cilento, i ragazzi saranno là. Ballerete le tammurriate e imparerete a fare il grano e a impastare, falcerete e camminerete.
Il lungo viaggio tra i grani antichi è cominciato, io ne ho percorso, inviato da civiltà contadina, un tratto, a voi, di proseguire.
“il seme antico ha una storia, dunque ha un passato e se noi gli diamo un presente, quello, diventa il nostro futuro.”
Teodoro Margarita