“Gianfranco Zavalloni è il “padre” degli orti didattici in Italia, il punto di riferimento per chiunque desideri emularlo in questa nobile impresa.
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G.Z. Devo dire che la terra io ce l’ho nel sangue: sono nato e sono sempre vissuto in campagna. Mio papà si chiamava Giorgio (l’agricoltore…le Georgiche!!) mia mamma si chiama Verdiana (curatrice del verde!). Ho iniziato a fare il maestro nel 1980 e già quell’anno cercai di seminare qualche ortaggio nell’orto abbandonato di fianco al cortile della scuola. L’orto vero e proprio con i bambini l’ho realizzato per alcuni anni, dal 1988, nella scuola di Sorrivoli, il piccolo paese di collina dove sono poi andato a vivere. Anche quando mi sono laureato, nel 1984, sono rimasto in tema, confrontando le tecnologie agricole tradizionali delle Ande peruviane con quelle degli agricoltori romagnoli. Nel 2000, come dirigente scolastico, lavorando nelle scuole delle Marche, partecipammo al progetto promosso dall’Assessorato all’Agricoltura della regione: un orto biologico a scuola. La regione ha iniziato da quell’anno a finanziare la nascita degli orti nelle scuole: un successo. Ora sono più di un centinaio.
G.Z. I bimbi e le bimbe si appassionano alla terra anche dalle materne. Poi crescono in competenze e consapevolezza. Alle medie, ad esempio, abbiamo realizzato bellissime esperienze sul ritrovamento di antiche varietà di ortaggi e di cereali. L’esperienza dell’orto è una di quelle esperienze didattiche veramente complete: sono coinvolte le abilità manuali, il pensiero logico-matematico, l’apprendimento emotivo, la sensibilità artistica. L’orto è poi una vera e propria metafora della scuola: si semina, si accudisce, si nutre e alla fine si raccoglie. Così è nella scuola: bisogna avere pazienza…alla fine i risultati arrivano. Ai bambini piace tantissimo. Evidentemente la terra fa parte del patrimonio genetico di tutti. Uno dei bambini che fece con me l’orto alla materna, diciotto anni fa, oggi conduce coi genitori la sua bellissima azienda agricola. Alcuni anni fa, però, ci rimasi male quando un ragazzo di terza media mi chiese a quale scuola doveva iscriversi per fare il giardiniere. Mi resi conto in quell’occasione che in Italia, a parte l’Istituto Tecnico Agrario e qualche Professionale, non esistono vere e proprie “scuole per agricoltori o giardinieri”. Ci sono alcuni corsi di formazione, ma una vera e propria scuola, dove studiare e fare pratica, non esiste.
G.Z. Le esperienze più belle sono quelle in cui si coinvolgono le famiglie, inclusi nonni e anziani. Con loro, durante l’estate, l’orto può continuare a fiorire. In alcune realtà sono comunque i ragazzi stessi che, durante l’estate, tornano nell’orto della scuola per annaffiare, accudire le piante, raccogliere i frutti.
G.Z. L’esperienza è molto semplice. Dal punto di vista scolastico è sufficiente inserire l’orto fra le attività didattiche previste nel cosiddetto Piano dell’Offerta Formativa (POF). Tante sono le discipline scolastiche che afferiscono alle attività con l’orto e/o il giardino scolastico. La legge sull’autonomia scolastica prevede oltretutto il 15% del curriculum scolastico “locale”. L’orto a scuola può benissimo rientrare in ciò. Fra tante scuole italiane abbiamo costitutivo poi una Rete fra scuole, ai sensi dell’art.7 del D.P.R. n.275/1999 che disciplina l’accordo di rete tra istituzioni scolastiche finalizzato alla realizzazione di attività di ricerca, formazione, innovazione e orientamento: la Rete Italiana Scuole di Ecologia all’Aperto (RISEA). Chi è interessato può contattarmi.
G.Z. L’esperienza ci insegna che il modo migliore per avere sostegni è quello di partecipare a progetti sull’educazione ambientale (che oggi è riconosciuta come attività scolastica) banditi da Comuni, Provincie, Comunità Montane, Regioni o Parchi Naturali. Una maniera diretta e più semplice è comunque quella di chiedere sostegni ai Consorzi Agrari, Cooperative Agricole o associazioni di agricoltori (CIA, Coldiretti…).
Se riusciremo ad organizzarci come RISEA potrebbero nascere anche partenariati europei…vedremo.
G.Z. Avere un “giardiniere amico” è sicuramente un grande sostegno e, se c’è, coinvolgiamolo. Grandi risorse possono comunque esserci anche nelle scuole: ad esempio i bidelli. La base fondamentale di tutta l’esperienza è comunque l’entusiasmo: degli insegnanti, dei bambini e dei genitori.