Orti condivisi e terapeutici

DA CASCINA BOLLATE

‘Giardinieri per un giorno’: sabato 12 aprile dalle 9 alle 13

Cosa c’è di nuovo‍

[Il punto di vista di talpe e lombrichi] Gli organismi animali che vivono nel sottosuolo hanno un nome: pedofauna o fauna tellurica. Conoscono le radici meglio di noi, ma forse non tanto meglio di Erwin Lichtenegger (1928-2004) e Lore Kutschera (1917-2008), autori di una straordinaria raccolta illustrata dei sistemi radicali di più di 1000 piante. La loro collezione – un grande contributo alla ecologia delle radici – è in rete sul sito dell’Università di Wageningen, in Olanda. Sfogliando disegno dopo disegno si capisce che è il reticolo di radici sotterranee a consentire a una pianta di ergersi verso il cielo come una piccola cattedrale vegetale. Che se lo ricordi chi ha una ruspa al posto del cuore. E per i giardinieri che invece di una ruspa hanno nel cuore un vanghetto, qui sotto un sommario vademecum su radici e dintorni.

Le radici hanno un’estensione almeno pari alla chioma della pianta. Quindi, se rizollate un arbusto, tenete conto di questo più che della vostra schiena.

Un albero può cadere per tanti motivi diversi. Spesso perché hanno tagliato buona parte delle radici per fare gli scavi per la fibra ottica, per le fondamenta di un supermarket etc etc

Le radici possono essere molto diverse: nei terreni secchi spesso vanno in profondità in cerca di acqua e in quelli umidi si espandono in fitti reticolati abbastanza superficiali. E possono essere fascicolate, tubercolate, avventizie o a fittone. Se mettete in vaso una pianta con una radice fittonante (ne avete a volontà: dal glicine alla rosa) fate in modo che il vaso sia alto perché il fittone possa scendere abbastanza per dare alla pianta stabilità e rifornirla di acqua e di tutto il nutrimento necessario.

Attenzione al colletto, ovvero il punto di intersezione tra le radici e la parte aerea della pianta. Quando trapiantate fate in modo di non interrarlo, pena il rischio che la pianta vada in sofferenza: il tronco vive di aria e di luce e la radice sta sottoterra, al buio. Le fanno compagnia talpe e lombrichi. Oltre a milioni di altri essere viventi.

[Coltivare il bello e il buono] E’ questo il focus di un libro uscito nel 1998 con il titolo L’honneur des jardiniers. Les potagers de la France du XXme siècle (*). L’autrice è Florence Weber, sociologa e antropologa francese che a lungo ha studiato la realtà rurale e operaia francese del XX secolo. Prima di liquidarla con un “chi era costei?” e voltar pagina; prima di pensare che la classe operaia è andata in paradiso e con lei il XX secolo, con buona pace di ideali e ideologie (le guerre no, resistono e rischiano di travolgere noi e il XXI secolo), fermatevi un secondo e provate a chiedervi cosa significhi coltivare il bello e il buono. Un orto nella stagione giusta è bellissimo e pomodori, zucchine e fagiolini sono squisiti. Ma è un po’ più di questo. Quando il vivaio è aperto (quest’anno dal 19 marzo) e le persone – i cittadini, per dirla come si usava fino al secolo scorso – entrano in carcere per visitarlo, trovano qualcosa di inaspettato. Un vivaio grande, ordinato, pieno di belle piante, e insolite. E parlando con chi le ha coltivate, vedono soltanto il giardiniere: non il detenuto, non l’autore di reato. Quando escono (i visitatori), di solito sono contenti. Di cosa non so: della bellezza del luogo in contrasto con lo squallore delle mura di cemento? della competenza dei giardinieri che hanno conosciuto? delle piante? del clima di coabitazione pacifica tra dentro e fuori? dell’idea di un carcere che non calpesta la dignità delle persone? Anche per chi resta dentro quello che conta è qualcosa di più di un incontro tra persone che condividono una certa passioncella vegetale. È la scoperta che l’onore di essere un buon giardiniere una volta tanto ha messo in secondo piano il disonore di essere detenuto. E così si può ricominciare. O almeno ci si prova.

(*) L’onore dei giardinieri. Gli orti nella Francia del XX secolo

‍[Arimortis] Ci rinunciamo, almeno per un po’. Aumenta ogni anno il numero di piante che in vaso conduce una vita di stenti. Non è solo l’aspetto macilento (non secondario, giacché non invoglia all’acquisto) ma soprattutto l’evidenza del fallimento che ci induce a lasciar perdere. Bagni poco, bagni tanto, troppo sole, troppa ombra, cambi il vaso, cambi il terriccio, concimi di più, non concimi affatto (che è un po’ il nostro stile): non va mai bene. Con animali e persone siamo pietosamente disposti ad aiutarli a morire e con le piante no? E’ ben vero che incendi, disboscamenti, alluvioni, cementificazione e diserbanti fanno la parte del leone, ma noi – che siamo un vivaio e che avremmo anche tra i nostri obiettivi quello di custodire e far conoscere l’infinita varietà possibile – cosa dobbiamo fare se non rinunciare all’accanimento? Chissà se l’errore è nostro o è il maledetto climat change a metterci lo zampino? Resta il fatto che in carcere, d’estate, nelle celle ci sono 30°C e più, la gente soffre, sbarella, si ammazza. Ergo: non meniamocela troppo con i nostri vasetti e le nostre belle collezioni e mettiamo una croce sopra su Nicotiana sylvestris e altro. Nella fattispecie, abbiamo tolto dal sito per raggiunti limiti di tolleranza alla frustrazione: Campanula ‘Belle Fleur Bleu’, Campanula ‘Pink Octopus’, Physalis alkekengi, Rumex sanguineum, Chrysanthemum ‘Silver Princess’, Lindernia grandiflora, Malva moschata, Antirrhinum ‘Circus Clown’, Nepeta racemosa, Linum perenne, Verbena tenuisecta, Verbena venosa ‘Polaris’, Wanghenemia ‘Vulcan’.

Ma siccome un po’ siamo bulimici e un po’ speranzosi sperimentatori, abbiamo aggiunto qualche novità (non tutte pubblicate sul sito, peraltro). Eccone alcune, pescate a caso tra i nostri appunti: Teucrium marum, tra le piante mediterranee, una delle meno note, Patrinia punctiflora; Zingiber mioga, parente stretto ma meno freddoloso dello zenzero, Melissa officinalis subsp.altissima, che profuma di mandarino, Hydrangea serrata ‘Woodlander’, Vitex trifolia ‘Purpurea’, Buddleja ‘Silver Anniversary’

Vita dura per i vivaisti con tratti ossessivi.

‘Giardinieri per un giorno’: sabato 12 aprile dalle 9 alle 13

Da 1 a 100, la moltiplicazione delle piante.

Le piante erbacee, alias fiori, si riproducono (anche) così: seminando – non è indispensabile avere una serra – facendo talee in acqua e/o in terra o propaggini (anche innesti, se avanza tempo). E’ arrivato il momento. Per gli arbusti, tocca aspettare l’estate.

E’ necessario iscriversi con una mail a [email protected] 

Numero massimo: 30 persone. La visita è aperta a tutti, tranne cani e bambini/ragazzi sotto i 18 anni (ci spiace, sono le regole d’ingresso in galera). Per arrivare con i mezzi o in auto, le istruzioni sono qui.

E’ un carcere: portate un documento. E lasciate il telefono a casa o in auto. Se arrivate con qualche minuto di anticipo, meglio: le procedure per l’ingresso saranno più fluide per tutti. Grazie!

Vivaio aperto: soliti giorni, solito orario e solito sabato, l’ultimo del mese

Per chi non lo sapesse: apertura mercoledì e venerdì pomeriggio dalle 14 alle 18

(ultimo ingresso alle 17,00). Si entra solo allo scoccare dell’ora (più o meno e circa sono locuzioni che non appartengono alla vita carceraria). Quindi alle 14/15/16 e 17 troverete un volontario di Cascina Bollate che vi aspetta all’ingresso.

Apertura anche l’ultimo sabato del mese: a marzo, il 29, con ingresso alle ore 10/11/12 (ultimo orario possibile). Il vivaio chiude alle 13.

Non è necessaria alcuna autorizzazione per entrare, ma un documento valido sì. Più qualche precauzione: ecco quale.

La newsletter finisce qui per quasi tutti. A meno che qualcuno sia in cerca di idee per davanzali e balconi. Nel caso, basta leggere qui sotto.

Il kit di marzo

Metti che ci sia sul balcone qualche vaso vuoto ma non sai cosa farne, metti che navigare on line sì ma solo se è indispensabile, metti che vedere due-fiori-due e magari qualche bacca potrebbe essere un piacere. E che occuparsene un po’ un modo gradevole per passare il tempo. Metti che Cascina Bollate proponga 3 piante che insieme possono funzionare e che magari facciano anche venir la voglia di continuare. Perché no? Il kit di marzo

“Per cominciare, ce la prendiamo con gli esseri che con quel luogo non hanno niente a che fare. Soprattutto se lì sono felici. Anzitutto eliminare, poi si vedrà. Regolare, registrare, fissare le norme di un paesaggio, le quote di esistenza.(…) Questo libro si oppone a un atteggiamento ciecamente conservatore. Vede nella molteplicità degli incontri e nelle diversità degli esseri altrettante ricchezze apportate al territorio. “

(Gilles Clément ‘Elogio delle vagabonde’ DeriveApprodi, 2010)

Ci sentiamo tra un mese. Grazie di aver letto fino a qui.

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Siamo il vivaio nel carcere di Bollate a Milano.

Cascina Bollate è una cooperativa sociale in cui lavorano giardinieri liberi e giardinieri detenuti che imparano un mestiere che dà un senso alla loro pena, finché sono dentro, e una chance al loro futuro, quando usciranno. Perché imparare un lavoro in carcere è un buon modo per non tornarci più.

www.cascinabollate.org