Anche sabato scorso le attività di cura dell’orto sono state intense, il programma dei lavori abbozzato durante la settimana è stato poi meglio definito tra il tramonto della vigilia e dopo il caffé della mattina stessa.
Quella che segue è principalmente una riflessione, un monito personale, dal momento che di tanto in tanto viene da chiedersi se valga la pena perseverare.
Un solo giorno di lavori serrati a settimana, pur con l’aiuto diligente di Stefano, non basterebbero a tenere in vita questo insieme di differenti esistenze, di linfe pulsanti, di messaggi lanciati e inoltre non sempre espliciti.
Occorre occuparsene ogni giorno, naturalmente quando le occupazioni principali, quelle remunerative, lo permettono.
Se invece si delega anche a scadenze brevi, dopo aver bene osservato lo stato delle cose, si deve compilare un elenco ragionato delle azioni da fare, prevedere le bizzarrie del tempo e inoltre affidarsi alla buona volontà che contraddistingue la giornata di chi ti aiuta e fare sì soprattutto che costui riesca ad avere un feeling con gli amici verdi. Fortunatamente questa corrispondenza c’è.
In varie situazioni mi sono accorto che appagato non solo ma anche dalla fatica, rinuncio a fare o a partecipare ad altre cose alle quali tenevo, come l’impiego non mediato di questo verbo all’imperfetto mi fa pensare e in parte mi preoccupa. . .
Ma ora non c’è tempo e non avrebbe senso con tutto quel ben di Dio da raccogliere e gustare e conservare e, perché no, offrire a chi è “meno fortunato”! Se ne parlerà per San Simone, a fine ottobre, prima di piantare l’aglio, mentre si continueranno a raccogliere i broccoli e i finocchi: qualche piccola piantina è stata trapiantata già da qualche giorno, queste saranno le future primizie, poi tra un paio di settimane ne verranno messe a dimora delle altre in modo che il raccolto sia scalare.
Questa sorta di bilancio contagiato da uno scadenziario delle operazioni del giorno abbastanza improbabile erano sul punto di privarmi della lucidità.
Qualcosa di indecifrabile che forse mi stava intorno e che avevo a portata dei sensi, ma di non ancora compreso, fortunatamente mi ha scrollato e infine i miei occhi hanno iniziato a percepire il paradiso che avevo intorno.
Da un lato un piccolo cestino, ben intrecciato, appoggiato a terra vicino agli scarlatti tropeoli era colmo di tegoline “anellino di Trento” mescolate a quelle larghe e piatte “Marconi”.
Le avevo appena raccolte sulla lunga fila, piegato in due e sbuffando per via della temperatura che si stava alzando, ma senza abbastanza apprezzare questo tributo, anzi un po’ preoccupato alla vista di tanti boccioli e fiori che annunciavano un abbondante e prossimo terzo raccolto!
E poi ancora le piante di zucchina “trombetta d’Albenga” disposte sui cavi tesi del filare tra le piante da frutto e una vite di Sultanina bianca, erano cariche di bacche pronte da raccogliere.
La particolarità di questi peponidi è che la loro forma dipende in buona parte dalla posizione che assumono sul tralcio che li genera. Tra il verde tenero delle foglie perfette e le gialle campane dei fiori sterili appaiono improvvise le zucchine che sinuose sembrano partecipare a una danza conferendo all’insieme un effetto decorativo Art Nouveau.
Sanno anche nascondersi bene sotto il fogliame quindi vanno cercate con un poco d’astuzia anche se dobbiamo lasciarne almeno una perché possa completare il proprio ciclo. Le dimensioni diventeranno ragguardevoli: facciamolo con quella che già da piccola ha un aspetto curioso e ricordiamoci che oltre alla funzione riproduttiva e all’aspetto decorativo possiamo ancora contare sul suo utilizzo in cucina.
Sul fondo dell’appezzamento a orto e su uno dei lati lunghi svettano aitanti e spensierati i girasole, o meglio la maggior parte di questi ha raggiunto stature ragguardevoli. Penso che siano nel loro momento migliore. Hanno superato sinora indenni le burrasche di vento e di pioggia, tranne un paio di loro che pur riversi tra le piante di melone ma ancora nutriti dalla terra, alzano fieri le dinamiche corolle.
Gli ibridi screziati di arancio e melanzana sono caratterizzati da viraggi cromatici molto più sofisticati di quelli dei loro genitori che li hanno preceduti un anno fa.
Ai piedi della fila una pianta di zucca, la francese rouge vif d’Etamps, esibisce orgogliosa tre enormi bacche di un impareggiabile colore arancio-corallo con l’intenzione di produrne presto delle altre. Sarà da osservare meglio al tramonto quando i raggi radenti del sole infuocato ne accentuerà le nuances.
Mais dolce con pennacchi e pannocchie, qualche pianta di pomodoro, nata spontaneamente, completano questo allineamento di forestiere portate da Colombo. Dimenticavo di nominare le superbe intruse, originarie dell’Africa tropicale, due piante di ricino. Le uniche germinate a fatica a causa di un maggio insufficientemente caldo ma che ora distendono le grandi foglie palmato-lobate intorno al fusto erbaceo decise a superare presto i vicini girasole.
Potrei continuare a parlare di questo paradiso e delle sue meraviglie, l’importante è di essermi accorto che esiste, diventarne cosciente per apprezzarlo e ora sono certo che non sono stati i sensi ad avvertirlo ma un sentire che viene dal di dentro e di questo devo essere grato a loro che stanno stretti con le radici alla terra.