Dopo quaranta giorni di pioggia e temperature marzoline l’aspetto dell’orto lasciava alquanto a desiderare come la salute di molti suoi abitanti.
Il sole rovente e le temperature elevate hanno poi cucinato il terreno argilloso come il mattone nella fornace, le malerbe più alte e dense di tutto il resto ma, per fortuna, non dei girasoli che splendono aperti e gialli. Tra questi, che sono rinati spontaneamente dai semi caduti lo scorso anno, è apparso da pochi giorni anche quello color melanzana. Credo che siano piccole o grandi cose come queste che ci fanno riprendere la zappa in mano, ci spingono a fare prima ancora che a pensare. Così senza aver ben chiaro un progetto organico degli interventi si inizia a soccorrere chi ci sembra più provato cercando di superare quella sorta di smarrimento che ci prende quando non sappiamo come raccapezzarci.
Il primo giorno utile per iniziare il lavoro cadeva di sabato in modo che potevo contare anche sulla domenica per continuare, fortunatamente non ero solo: Stefano, che tenacemente da due anni mi aiuta anche nelle operazioni più faticose, e Alberto, un amico, cittadino bolognese, che nonostante la sua estraneità alla campagna ben si destreggia in lavori di pazienza anche se preferirebbe aiuole con l’altezza dei tavoli!
Così la squadra si mette al lavoro dal mattino iniziando a togliere le erbe più alte e lontane dai cespi delle piante, a legare e a eliminare i getti laterali dei pomodori, ad arieggiare con piccoli attrezzi da giardinaggio per vaso il terreno che circoscrive le piante di peperoni e melanzane . . .
Con tutta quella acqua, che in certi momenti dava all’orto un aspetto da risaia, vi erano approdate anche le lumache, sinora estranee, per banchettare sulle ghiotte foglie dei giovani cavoli deturpando quelle più grandi ed esterne e iniziando ad attaccare il cuore.
Peccato ero proprio orgoglioso di come si stava sviluppando quella spaziosa aiuola che li ospita insieme ad altri cavoli cappucci ma di colore bronzeo-violetto, a porri, biete bionde, cicoria di Trieste, carote e lattughe. Una di queste dall’intenso color porpora che stava accanto a un cavolo dalle foglie verdi-azzurrine era miseramente marcita!
Se non altro questo accadimento mi era stato utile per decidere a cogliere le altre lattughe ormai al punto per preparare insalate e vellutate e non stare solamente ad ammirare per un piacere estetico il fazzoletto cromatico che si era creato con la stupefacente alternanza di fogge e cromie del fogliame.
Anche una pianta di melone era morta annegata nonostante il terreno dell’orto goda di un buon drenaggio ma l’insistenza delle piogge per questa malcapitata ha avuto la meglio, me ne restano però quattro in buona salute, due delle quali con il loro primo frutto grosso ora come un pompelmo, chissà quanti meloni riusciranno a legare e quanti pronti al punto da farci venire l’acquolina per l’aroma che sprigioneranno!
Il primo giorno utile per iniziare il lavoro cadeva di sabato in modo che potevo contare anche sulla domenica per continuare, fortunatamente non ero solo: Stefano, che tenacemente da due anni mi aiuta anche nelle operazioni più faticose, e Alberto, un amico, cittadino bolognese, che nonostante la sua estraneità alla campagna ben si destreggia in lavori di pazienza anche se preferirebbe aiuole con l’altezza dei tavoli!
Così la squadra si mette al lavoro dal mattino iniziando a togliere le erbe più alte e lontane dai cespi delle piante, a legare e a eliminare i getti laterali dei pomodori, ad arieggiare con piccoli attrezzi da giardinaggio per vaso il terreno che circoscrive le piante di peperoni e melanzane . . .
Con tutta quella acqua, che in certi momenti dava all’orto un aspetto da risaia, vi erano approdate anche le lumache, sinora estranee, per banchettare sulle ghiotte foglie dei giovani cavoli deturpando quelle più grandi ed esterne e iniziando ad attaccare il cuore.
Peccato ero proprio orgoglioso di come si stava sviluppando quella spaziosa aiuola che li ospita insieme ad altri cavoli cappucci ma di colore bronzeo-violetto, a porri, biete bionde, cicoria di Trieste, carote e lattughe. Una di queste dall’intenso color porpora che stava accanto a un cavolo dalle foglie verdi-azzurrine era miseramente marcita!
Se non altro questo accadimento mi era stato utile per decidere a cogliere le altre lattughe ormai al punto per preparare insalate e vellutate e non stare solamente ad ammirare per un piacere estetico il fazzoletto cromatico che si era creato con la stupefacente alternanza di fogge e cromie del fogliame.
Anche una pianta di melone era morta annegata nonostante il terreno dell’orto goda di un buon drenaggio ma l’insistenza delle piogge per questa malcapitata ha avuto la meglio, me ne restano però quattro in buona salute, due delle quali con il loro primo frutto grosso ora come un pompelmo, chissà quanti meloni riusciranno a legare e quanti pronti al punto da farci venire l’acquolina per l’aroma che sprigioneranno!
Gottardo Bonacini