A Leningrado assediata dai nazisti, in una città in preda alla fame ad alla disperazione, sotto un gelo che uccideva, accadevano miracoli.
Gli abitanti, consapevoli di essere la culla della rivoluzione, per tradizione rivali di Mosca e malvisti da Stalin e dal regime, resistevano alla guerra ed alle privazioni, la città riceveva rifornimenti su precarie strade di ghiaccio attraverso il lago Ladoga e si arrangiava in mille modi a procurarsi il cibo.
Nelle piazze principali sorsero orti e campi, venne divelto il selciato e cavoli spuntarono dappertutto: questi erano gli “orti di guerra” che sorsero in tutta Europa, da Londra a Milano, Da Berlino a Mosca: sotto le bombe fiorivano i campi di verze nel cuore stesso delle città, vecchie foto ingiallite ed i ricordi dei sopravvissuti lo provano.
Ma ho voluto citare Leningrado, per una duplice ragione: in questa città sorgeva l’Istituto Vavilov, centro di ricerca e di custodia del germoplasma mondiale, dove si conservavano tante sementi, accuratamente selezionate e catalogate, di varietà di grano, orzo, riso e di ogni altro cereale ed essenza orticola esistente al mondo. Frutto di viaggi e di perlustrazioni inuziose, di un amore per la differenza mai più riscontrato poi, questi scienziati si erano assunti l’arduo compito di tramandare alle generazioni future il patrimonio più prezioso che l’Umanità abbia saputo trasmettersi: il seme vivente .
Ed è il primo miracolo: nonostante fame, penuria di qualsiasi cibo, i ricercatori del Vavilov preferirono il digiuno al saccheggio del frutto delle loro ricerche.
Il secondo è la musica di Scostakovic, composta sotto le bombe , in onda da radio Leningrado.
Queste sono storie di orti di guerra, sono storie da rammentare altrimenti non si capisce bene perchè i nostri, nuovi, liberi orti, li chiamiamo “orti di pace”.
I nostri orti nascono dalla libera scelta e non dalla costrizione, i nostri orti vogliono essere deliberato strumento di educazione alla pace per tutti coloro che vi hanno a che fare: discenti e docenti, operatori tutti delle scuola e delle altre istituzioni.
Eppure, anche questi, con gli orti di guerra, hanno in comune qualcosa, anche questi vogliono esprimere una volontà di vivere, di veder spuntare il frutto, di attendere la stagione giusta e raccogliere qualcosa.
Ci auguriamo che questo qualcosa, nei nostri Orti di pace, raccolga lo spirito degli eroi del Vavilov: siano anche i nostri orti rifugio vivente di biodiversità, si arricchiscano di mille specie diverse, vivano di scambi e di dono reciproco, siano luogo di visite e di incontri, occasione di dialogo.
E su tutti, la musica, che non è più Scostakovic, ma il canto dei mille uccellini ed il ronzio di mille api e farfalle che nei nostri orti trovano accoglienza e cibo.
Un augurio a tutti che mille orti fioriscano, che mille bambini crescano e diventino mille nuovi, meravigliosi e consapevoli coltivatori di bellezza e di pace!
Nelle piazze principali sorsero orti e campi, venne divelto il selciato e cavoli spuntarono dappertutto: questi erano gli “orti di guerra” che sorsero in tutta Europa, da Londra a Milano, Da Berlino a Mosca: sotto le bombe fiorivano i campi di verze nel cuore stesso delle città, vecchie foto ingiallite ed i ricordi dei sopravvissuti lo provano.
Ma ho voluto citare Leningrado, per una duplice ragione: in questa città sorgeva l’Istituto Vavilov, centro di ricerca e di custodia del germoplasma mondiale, dove si conservavano tante sementi, accuratamente selezionate e catalogate, di varietà di grano, orzo, riso e di ogni altro cereale ed essenza orticola esistente al mondo. Frutto di viaggi e di perlustrazioni inuziose, di un amore per la differenza mai più riscontrato poi, questi scienziati si erano assunti l’arduo compito di tramandare alle generazioni future il patrimonio più prezioso che l’Umanità abbia saputo trasmettersi: il seme vivente .
Ed è il primo miracolo: nonostante fame, penuria di qualsiasi cibo, i ricercatori del Vavilov preferirono il digiuno al saccheggio del frutto delle loro ricerche.
Il secondo è la musica di Scostakovic, composta sotto le bombe , in onda da radio Leningrado.
Queste sono storie di orti di guerra, sono storie da rammentare altrimenti non si capisce bene perchè i nostri, nuovi, liberi orti, li chiamiamo “orti di pace”.
I nostri orti nascono dalla libera scelta e non dalla costrizione, i nostri orti vogliono essere deliberato strumento di educazione alla pace per tutti coloro che vi hanno a che fare: discenti e docenti, operatori tutti delle scuola e delle altre istituzioni.
Eppure, anche questi, con gli orti di guerra, hanno in comune qualcosa, anche questi vogliono esprimere una volontà di vivere, di veder spuntare il frutto, di attendere la stagione giusta e raccogliere qualcosa.
Ci auguriamo che questo qualcosa, nei nostri Orti di pace, raccolga lo spirito degli eroi del Vavilov: siano anche i nostri orti rifugio vivente di biodiversità, si arricchiscano di mille specie diverse, vivano di scambi e di dono reciproco, siano luogo di visite e di incontri, occasione di dialogo.
E su tutti, la musica, che non è più Scostakovic, ma il canto dei mille uccellini ed il ronzio di mille api e farfalle che nei nostri orti trovano accoglienza e cibo.
Un augurio a tutti che mille orti fioriscano, che mille bambini crescano e diventino mille nuovi, meravigliosi e consapevoli coltivatori di bellezza e di pace!
Teodoro Margarita
Asso, 11 dicembre 2008
Asso, 11 dicembre 2008