Collaboratori del creato La scelta vegetariana nella vita del cristiano, a cura di Guidalberto Bormolini e Luigi Lorenzetti, Libreria Editrice Fiorentina, euro 14,00, pp. 144
Pia Pera:
Sono una vegetariana fallita, almeno due volte. Quando la incontrai anni fa Jane Goodall, la grande etologa studiosa degli scimpanzè in Tanzania, autrice del bellissimo L’ombra dell’uomo, mi chiese di riprovarci. La notte sognai che eravamo insieme davanti alla carcassa sanguinolenta di un bovino. Continuo a mangiare, assai di rado, carne e pesce. Ritengo che la cosa veramente grave non sia cibarsi di animali, ma farli “vivere” in condizioni terribili. È questo ai miei occhi il vero gravissimo crimine. Quanto al partecipare alla catena alimentare, mi pare la condizione di noi animali tutti. A mio parere, sarebbe già qualcosa unire le forze per porre fine alle atrocità imperdonabili della produzione industriale di carne e pesce. Morire bisogna, prima o poi, l’importante è non venire privati della possibilità, prima, di vivere degnamente. Teniamo mucche e galline al pascolo, liberiamo le scrofe dalle gabbie in cui, immobilizzate, allattano i maialini, lasciamo i pesci liberi di nuotare. Consumiamo meno proteine animali. Oltre alla nostra coscienza, ne guadagneranno la nostra salute e quella del pianeta. Un giorno, forse, quando sarà instaurato il regno di pace e armonia profetizzato da Isaia, ogni animale, uomo incluso, cesserà di togliere vita per nutrire la sua. Collaboratori del creato invita ad allinearsi fin da ora su una scelta radicale. Il libro raccoglie gli atti dell’incontro tenuto a Bocca di Magra, in provincia di La Spezia, nel maggio 2012 dalla Associazione Cattolici Vegetariani, nata nel 2009 e presieduta da Marilena Bogazzi, che dichiara: “Sull’esempio di vita di numerosi santi, che hanno sviluppato un carisma d’amore per il creato, gli associati desiderano vivere secondo il progetto originario di Dio, espresso in Genesi 1,29: «Ecco, io vi do ogni erba che produce seme e che è su tutta la terra e ogni albero in cui è il frutto che produce seme, saranno il vostro cibo», e quindi praticano il vegetarianismo come scelta d’amore e di «benevolenza» verso tutte le creature, come espresso dal catechismo della Chiesa cattolica (344 e 2416). Meditando le parole del libro del profeta Isaia si impegnano ad attuare il principio universale della nonviolenza nei confronti di ogni creatura”.
Il volume contiene interventi di Paolo De Benedetti sulla necessità di una Teologia degli animali, di Stefano Severoni sulle aperture di Benedetto XVI al tema della salvaguardia del creato, di Marilena Bogazzi sull’amore cosmico verso il creato, del teologo Luigi Lorenzetti a proposito della superiorità morale di una scelta vegetariana nel contesto di un’etica d’amore, di Guidalberto Bormolini sulla tradizione di astinenza dalla carne nella tradizione cristiana, di Renato Criscuolo che analizza l’Adversus Jovinianum di San Girolamo, dei veterinari Enrico Ceccaroni e Enrico Moriconi sui danni alla salute e all’ambiente provocati dal consumo di carne, sugli orrori delle fabbriche di animali.
In particolare mi hanno colpita, oltre alle pagine incantevoli di Paolo De Benedetti, le considerazioni di Marilena Bogazzi sul passaggio dall’umanita edenica a quella posteriore alla caduta, quando “da custode del creato l’uomo diventa distruttore, al punto che ogni creatura ha terrore di lui («Il timore e il terrore di voi sia in tutti gli animali della terra e in tutti gli uccelli del cielo» Gn 9,2), e diventa carnivoro («Ogni essere che striscia e ha vita vi servirà di cibo: vi do tutto questo, come già le verdi erbe» Gn 9,3)”. Bogazzi nota “uno slittamento linguistico molto rivelatore nella ratifica divina al mutamento di regime alimentare dell’uomo. Infatti possiamo rinvenire un passaggio dalla volontà di Dio («Ecco Io vi do ogni erba che produce seme e che è su tutta la terra e ogni albero fruttifero che produce seme: saranno il vostro cibo», Gn 1,29) alla presa d’atto della ribellione umana: («Tutto ciò che vive sulla terra o nel mare sarà vostro cibo come un tempo mangiaste le erbe verdi che Io vi diedi tutte» Gn 9,3, in traduzione letterale dal greco)”.
La redenzione preannunciata da Isaia è totale: non solo l’uomo ma anche gli animali tornano vegetariani. (Is 11,6-9)”. Bellissima la preghiera di san Basilio Magno citata in chiusura da Bogazzi: Signore e salvatore del mondo, Noi ti preghiamo anche per gli animali, che umilmente portano con noi il peso e il calore del giorno e offrono le loro semplici vite, aiutandoci a vivere bene. Noi ti preghiamo anche per le creature selvagge che tu hai creato sapienti, forti, belle. Ti preghiamo per tutte le creature, anche quelle che non sono intelligenti perché esse hanno una loro missione, sebbene noi siamo incapaci di riconoscerla. E supplichiamo la tua grande tenerezza, perché tu hai promesso di salvare insieme l’uomo e gli animali e hai concesso a tutti il tuo amore infinito. Voglio ricordare anche il chiarimento di Guidalberto Bormolini: se “oggi il termine più in voga tra chi, per motivi etici, decide di non mangiare carne è vegetarianismo, anche in ambito religioso, nel linguaggio della chiesa primitiva e dei Padri il termine utilizzato per indicare l’esclusione della carne dalla propria dieta, o di altri cibi o bevande, è astinenza”, perché “per una seria esperienza spirituale è di basilare importanza la disciplina delle passioni, e gli autori monastici sono concordi sulla necessità di controllare per prima la passione della gola”, mentre “l’astinenza dalla carne dà luce alla preghiera”. Il volume conclude invitando a “una nuova riconciliazione con il creato, una riconciliazione che è innanzitutto con Dio e che porta così a riconciliarsi con il fratello e con la creazione tutta”.
Marco Ragghianti:
Se è vero che il particolare è specchio del generale, gli interventi proposti in questo saggio sono un profondo tentativo di comprendere la relazione fra Dio, il Cosmo e l’Uomo secondo la visione cristiana e cosmoteandriaca dell’esistenza.
La cristianità è anche un’attitudine alla manifestazione sociale dell’essere. In un mondo globalizzato, dove ogni differenza sarà ricchezza per l’intera famiglia umana, riflettere su quali siano le sane manifestazioni di vita cristiana è un prezioso contributo che va a rinforzare le radici del cristianesimo tanto quanto la sua attuale possibilità espressiva.
In un modo di vita cristiana si cerca di scoprire, mediante la ragione, ciò che la fede porta a sperimentare. Così, a sua volta, il cristianesimo trova la sua origine e ragion d’essere nell’esperienza che fu di Gesù di Nazareth, che ogni persona che vuol seguire le sue orme prova a rivivere nella propria vita.
È dunque l’esperienza di vita interiore, che apre a quella esteriore, ciò che può portare ogni uomo verso un pensiero coerente e una vita in armonia con Dio e il creato.
Il passaggio dalla tradizione ebraica a quella cristiana segna il passo da una concezione duale della vita a una trinitaria e a-duale. Il Dio onnipotente che sta lontano dall’uomo, lo giudica e lo condanna, si trasforma in quel Padre che Gesù ci ha insegnato a chiamare con confidenza, cioè sinergia di rispetto e vicinanza, “Abbà”, in aramaico “papà”. San Paolo ci ha poi insegnato che il senso di separazione che genera paura può essere controllato solo mediante la “legge”, cioè imponendo modi di agire aldilà di quella che può essere l’esperienza, poiché “la forza del peccato è la legge” (1Cor 15,56). Al contrario, vivendo l’esperienza unitiva ed unificante con Dio, viviamo d’amore, così da dare compimento alla legge. In altri termini, più abbiamo una concreta esperienza di unione con Dio, più riusciamo ad avere una relazione concreta ed armonica con il creato. Solo mediante un’esperienza trinitaria piena possiamo avere la garanzia che le nostre idee e le nostre scelte di vita siano davvero mosse dall’amore e dal senso di unione dentro noi stessi, con gli altri, con il cosmo e con Dio.
Queste premesse per suggerire che l’essere vegetariani derivi da un’esperienza di profonda unità mistica, unità fra Dio e l’uomo che si manifesta nel Cosmo. Mancando il movimento spirituale e d’amore, infatti, il rischio è che l’essere vegetariani diventi solo un altro modo per compensare il senso di mancanza e separazione. L’esperienza dello spirito che si incarna inizia proprio quando l’uomo riesce ad andare oltre i limiti delle proprie esigenze emotive da appagare. L’essere vegetariani non deve dunque essere uno stato sociale, da cui chiedere riconoscimento per appropriarsi di un illusorio senso di superiorità. Non dimentichiamo che vegetariano fu perfino Hitler.
Il testo espone, da diversi punti di vista, il senso sano dell’esser vegetariani, sempre restando ancorati sulla ricerca dell’unione mistica come conferma alla proprie proposte. Sia che si tratti di un’esposizione dei motivi scientifici per cui ha senso essere vegetariani, che dell’implicazione etica e morale, che delle origini filosofiche e teologiche della tradizione giudaica e cristiana, sempre la ragione ultima dell’essere vegetariani deriva da una sana maturazione interiore, dall’Incarnazione dello spirito in questo mondo.
Il momento mistico di relazione fra Dio e l’uomo è essenziale per scoprire che tale relazione avviene nel creato, così da avere sensibilità e rispetto vivendo in armonia con la realtà che ci contiene.
Nella pratica contemplativa l’astinenza dal consumo di carne è necessaria per avere una mente luminosa e lucida e aprirci all’incontro con Dio. Il sistema nervoso è la sede della coscienza. Nei ritiri di silenzio e pratica costante, ogni praticante sente chiaramente che non è possibile mangiare carne e praticare con successo. L’assenza di proteine animali rende il sistema nervoso integro, così che la coscienza possa approfondirsi nella realtà dello spirito. Ciò elimina il senso di attaccamento alla realtà materiale e l’aggressività che la carne stimola. Si sviluppano così i due aspetti fondamentali della pratica contemplativa: il distacco che permette di allontanarsi dalle proprie esigenze emotive basate sul senso illusorio di separazione e l’amore che ci permette di ancorare la coscienza nella realtà eterna dello spirito. Restando alla fonte della propria vita, in quel continuo “in principio”, siamo nella vita che nasce da Dio, in quel nulla che è infinita possibilità. Si vive nella piena umiltà, che è presenza dell’essere e totale apertura e accettazione di ciò che la vita ha in serbo per noi. Quest’attitudine completamente ricettiva e non violenta, che nasce dal senso di unione e pace formato nel proprio cuore, non interferisce e manipola il creato, bensì ne diventa parte integrante concorrendo alla sua continua creazione.
Come conseguenza della riconosciuta relazione con Dio, c’è lo sviluppo etico e morale in armonia con tutto il cosmo, dove l’uomo può assumere con responsabilità il proprio ruolo, sia nella catena alimentare che nella co-creazione con il Padre del creato e della pace sulla terra.
Per concludere, il testo è un’interessante fonte d’ispirazione per chiunque voglia vivere a partire dalla propria esperienza spirituale. La maturità che ne deriva porterà a trovare soluzioni ecologiche nelle quali il giusto equilibrio fra le differenti espressioni del creato, determineranno modi di vivere che garantiranno all’uomo prosperità ed evoluzione.