Di solito è il primo di maggio, il giorno in cui sistemo nell’orto le pianticelle per l’orto estivo: zucchini, zucche, melanzane, pomodori, basilico e altre aromatiche. Quest’anno però il caldo è arrivato prima, così già oggi, sul finire del pomeriggio, quando il sole era più mite ma i moscerini più insistenti, ho preparato la prima di una dozzina di aiuole.
Per cominciare ho preso il quaderno in cui avevo annotato la disposizione degli ortaggi nell’autunno scorso: perché non bisogna assolutamente ripetere le stesse formazioni dell’anno precedente, pena l’esplosione di malattie e debolezze d’ogni genere. Ma questo lo spiegherò un’altra volta. Avevo sei piantine di melanzane pronte per il trapianto, del basilico e qualche calendula, quei bei fiori arancioni che nell’orto stanno tanto bene e, in più, tengono a bada gli insetti troppo avidi. Per loro ho scelto l’aiuola dove, un anno fa, avevo coltivato gli zucchini. Con la forca a quattro punte ho smosso il terreno per sgombrarlo dalle erbe spontanee. Ho lasciato solo un papavero, perché non volevo certo rinunciare ai suoi bellissimi fiori rossi, e nemmeno alle sue fogli che, usate con moderazione, stanno bene nell’insalata. Invece la borsa del pastore, per quanto buona, l’ho dovuta sacrificare per fare spazio. Ho anche trovato qualche gramigna che, approfittando della mia distrazione, era già riuscita a insinuare le sue belle, forti radici color avorio nelle zolle più profonde, e diversi stoloni di quella tremenda erba dalle foglie simili a quelle delle fragole, di cui non riesco mai a ricordare il nome forse perché la sua invadenza me la rende antipatica. Non c’è stato bisogno di vangare: questo l’ho già fatto tanti anni fa, quando ho impiantato l’orto, una vangatura doppia con interramento di letame. Da allora, mi limito ad arieggiare il terreno e pulirlo, in modo da non disturbare gli strati, i lombrichi e tutti gli altri microorganismi che lo rendono fertile. Tolte le erbe, ho ancora smosso un po’ la terra, senza però rivoltarla, poi sono andata alla compostiera a prendere un secchio di compost bello scuro e maturo; l’ho sparso sull’aiuola, mescolandolo con la forca al terreno più chiaro dell’orto. A quel punto ho preso le pianticelle e le ho messe ciascuna in una buca in cui ho versato anche dello stallatico, poi ho premuto bene il terreno intorno ai fusticini. Ecco, avrei potuto anche considerare terminato il lavoro, ma avrei fatto male: la terra non va lasciata nuda, esposta al vento, al sole troppo forte e alla pioggia, altrimenti la sua ricchezza va in fumo. Mi sono ricordata che in una fossa nel bosco c’era uno strato bello profondo di foglie quasi sfatte, e sono andata a riempirne una sacca. Sono fortunata ad avere un bosco vicino: lì trovo sempre qualcosa con cui arricchire la terra dell’orto. Le foglie erano sfatte al punto giusto, ancora un po’ e sarebbero diventate terriccio. Anche all’olmo avrebbe fatto piacere nutrirsene, ma lui è grande e vecchio e ha tante altre risorse, mentre la piccola aiuola dell’orto, nuda e lavorata di fresco com’era, con le piantine nuove, aveva bisogno urgente di protezione. Ho sparso le foglie, le ho premute appena contro il suolo, poi ho innaffiato le piantine.