Il progetto, ancora in corso di approvazione, è stato concepito riferendosi alla storia del giardino a partire dal ‘500, che si proponeva di assolvere un triplice compito, come confermato dai trattati di botanica dell’epoca ed anche ldale collezioni di piante di Ulisse Adovrandi (1522 – 1605 ) botanico bolognese direttore dell’Orto da lui stesso fondato. Prima di tutto al compiti didattico per l’insegnamento della conoscenza dei semplici[1], quando l’Hortus vivus si distingue come giardino per l’osservazione diretta delle piante e non più limitata all’hortus siccus e soprattutto all’hortus pictus ove le piante erano rappresentate con interpretazione personale dell’autore. A questo scopo spesso le piante medicinali erano collocate in una sequenza che ripeteva la tradizionale trattazione classica risalente a Dioscoride. La stessa specie era collocata in più esemplari affinchè ad ogni scolaro venisse assicurata la raccolta di un pezzo (un ramo o un’intera piantina) da deporre nel proprio libro di botanica come in un erbario, al fine di confrontare il testo e l’eventuale figura con la pianta realmente vista nell’orto.
Il secondo compito riguarda la ricerca scientifica che all’epoca (XVI sec.) comincia a estendersi dalle sole piante medicinali alle piante spontanee prive di usi pratici. Inoltre si diffonde la ricerca e la raccolta di specie nuove, dette esotiche perché provenienti da paesi lontani e gli orti botanici diventano il primo luogo di sperimentazione e di acclimatazione di specie rare e insolite per gli ambienti europei.
Viene posta la prima pietra di quello che sarà il concetto di conservazione del patrimonio vegetale cioè della biodiversità.
Il terzo compito riguarda invece la sfera più personale: la collezione delle piante medicinali offriva una base di confronto per gli speziali e per i medici per il controllo delle droghe che venivano commercializzate in principio a Venezia. Gli orti erano i detentori dei primoi veleni utilizzati all’epoca contro i Turchi. Di non minore importanza la funzione di diletto dell’orto botanico che era anche un bel giardino “luogo di oggetti insoliti e meravigliosi”; Daniele Barbaro (1513-1570) nell’opera “I dieci libri dell’Archtettura di M. Vitruvio” (1556) ricorda “un bellissimo giardino, che che con la bella veduta delle Herbe et de fiori ristora gli occhi degli affaticati del lungo viaggio”.
In particolare si sono volute rappresentare le tre forme che il giardino può assumere: l’orto, il frutteto il bosco.
Nell’orto poniamo quindi le piante officinali (officina farmaceutica) perché utilizzate prima a fini medicamentosi e poi a scopo didattico e di canoscenza. Le otto suddivisioni conterranno le specie rispettivamente utili alla cura dei sistemi del corpo umano:
B – aiuola del sistema immunitario
C – piante per il cuore e la circolazione
D – piante per l’apparato genito-urinario
E – piante per l’apparato cutaneo
F – aiuole del sistema nervoso
G – vasi delle aromatiche
H – angolo dell’apparato respiratorio
indicava che al suo interno erano presenti radure illuminate (luce); in epoca romana indicava un biotopo distinguentesi per caratteri di naturalità salubrità e felice positura. Ma anche un arboreto di piccole dimensioni un boschetto che potrebbe condurre a conoscere la vegetazione del bosco di pianura del Veneto, quello igrofilo (Alneto-frassineto, Pioppo-alneto, Pioppo olmeto), quello mesofilo (Querco carpineto) ma anche la pineta e le formazioni litorali sarà un ipotesi fattibile nell’area contigua a quella destinata all’orto e alla coltivazione dei cereali.
La parte a orto sarà suddivisa con siepi basse (30 cm) a bosso o a ligustro giapponese e i camminamenti verranno differenziati come indicato nella tavola di progetto (es. ghiaia, prato, cotto, ecc.).
Si ipotizzano due accessi all’orto e comunque lo spazio didattico sarà definito con siepi e/o rete per questioni di sicurezza e di protezione da l’intrusione di persone non autorizzate.
Si prevede anche la collocazione di una piccola serra per piccoli esperimenti di semina e coltivazione nonché un ricovero attrezzi.
I semplici erano coltivati solo negli orti dei monaci (nei conventi) nelle spezierie, ospedali e giardini privati.
indicava che al suo interno erano presenti radure illuminate (luce); in epoca romana indicava un biotopo distinguentesi per caratteri di naturalità salubrità e felice positura. Ma anche un arboreto di piccole dimensioni un boschetto che potrebbe condurre a conoscere la vegetazione del bosco di pianura del Veneto, quello igrofilo (Alneto-frassineto, Pioppo-alneto, Pioppo olmeto), quello mesofilo (Querco carpineto) ma anche la pineta e le formazioni litorali sarà un ipotesi fattibile nell’area contigua a quella destinata all’orto e alla coltivazione dei cereali.
3) comprende anche una zona le parcelle dove verrano coltivate le specie base dell’alimentazione umana;sette parcelle – come i sette pianeti conosciuti nell’antichità come gravitanti intorno alla terra – al cui centro scorre acqua proveniente da un pozzo-sorgente necessario alla vita stessa delle piante. Qui verranno posti a dimora i cerali originariamente utilizzati dall’uomo nei luoghi d’origine (triticum monococcum, farro) sia tipici della dieta alimentare europea (miglio) sia delle popolazioni del Sudamerica (Zea mais) sia delle popolazioni asiatiche (Riso). Inoltre verranno coltivate anche leguminose tipiche dell’antica dieta come le lenticchie.