Erano tre fagioli belli grossi, simili ai bianchi di Spagna ma viola e striati di marroncino scuro, solo tre fagioli.
Me li aveva procurati Mariuccia di Malgrate “Vengono dalla Valsassina, me li ha dati la signora Domenica, volontaria alla bottega equa di Lecco, glieli ha dati, tanti anni fà, la sua mamma e lei li ha sempre coltivati in quel di Barzio, su in montagna.
Queste le notizie, contemporaneamente scarne e preziose, essenziali su quei tre fagioli.
La signora Domenica, poi ho saputo, è morta. A me sono rimasti quei tre fagioli.
Gli anni sono passati, son venuto a sapere tante altre cose su quei fagioli, intanto il loro bel nome scientifico “faseolus coccineus” per via del colore, rosso, molto intenso, dei fiori e tante altre cose.
Ho scoperto che sono una varietà, ne esistono anche in altre versioni, non solo viola, possono presentare altre fogge altrettanto variopinte, si tratta di un fagiolo di montagna molto resistente presente sulle nostre Prealpi, diffuso dalla Valvarrone alla Val Camonica, veniva chiamato dalle popolazione che lo coltivavano “scazafam” scacciafame, bastava a riempire una bella pentola per una zuppa sostanziosa e le tingeva di rosso.
L’ho coltivato con cura, è una varietà molto forte, si arrampica con vigoria e raggiunge e supera facilmente i tre metri, presenta una vegetazione imponente di un bel verde intenso, germoglia con facilità e si avvince al sostegno presto, conviene approntare dei paletti alti, meglio ancora lasciarlo andare, liberamente su un albero o su un pergolato.
Con il passare degli anni, non molti, per molte stagioni ho sempre conservato soltanto tre fagioli: tutti gli altri li ho donati, regalati ad amici, ai vicini, a chi me li chiedeva. Questa stagione è la prima volta che ne tengo di più per me. Perchè , finalmente, i fagioli di montagna della signora Domenica possono dirsi salvi: amici che ne avevano ricevuti ne hanno riprodotti a sufficienza: per l’anno venturo voglio provare a cucinarne un pò.
Non ne ho avuto l’ardire, sempre teso alla loro diffusione e a nulla mi è servito il sapere che questi fagioli erano coltivati da amici in Val Varrone, sulle montagne dell’Alto lago di Como, i miei fagioli restano quelli di Domenica e mi tocca preservarli, tenerli preziosi, chi me li ha affidati lo ha fatto persuasa di avere a che fare con un vero “seedsaver” un buon custode di semi antichi e tale, io, son voluto essere.
A chi volesse cimentarsi nella loro coltivazione posso dire di pazientare: non ne spedirò a nessuno, intendo, data la quantità non notevole, limitarne la riproduzione nelle valli qui attorno e diffonderne tra amici fidati, una volta che saranno diventati più diffusi ed abbondanti, volentieri potrò cederne, ma mai più di tre alla volta. A me tre fagioli son bastati, sono bastati per riprodurne altri e seminarne in giro, chi ne ha ricevuti si è detto contento e nessuno me ne ha mai richiesti di più.
Anche questa è una bella storia, una buona e salutare pratica di sobrietà e cura, dalla montagna di Barzio, in Valsassina fino a casa mia, in Vallassina, nomi che spesso sono confusi: tra le due valli c’è però il lago, il ramo del lago di Como dalla parte di Lecco, dalla mia finestra si vede la Grigna , una montagna aguzza ed alta che d’inverno si riempie di neve, ecco, proprio da dietro quelle guglie, di là mi son venuti i tre fagioli della signora Domenica, grazie, dormi Domenica, sulla valle vegliano , numerosi, ciocche di fiorellini rossi e sale il buon profumo di una zuppa di fagioli gustosi.
Teodoro Margarita